Anche uno schiavo possiede la libertà interiore

Testo

Errat, si quis existimat seruitutem in totum hominem descendere : pars melior eius excepta est. Corpora obnoxia sunt, et adscripta dominis : mens quidem sui iuris ; quae adeo libera et uaga est, ut ne ab hoc quidem carcere cui inclusa est teneri queat, quo minus impetu suo utatur, et ingentia agat, et in infinitum comes coelestibus exeat. Corpus itaque est, quod domino fortuna tradicit.

Hoc emit, hoc uendit: interior illa pars mancipio dari non potest. Ab hac quidquid uenit, liberum est; non enim aut nos omnia iubere possumus, aut in omnia serui parere coguntur : contra rempublicam imperata non facient ; nulli sceleri manus commodabunt.

Quaedam sunt quae leges nec iubent, nec uetant facere : in his seruus materiam beneficii habet. Quamdiu praestatur quod a seruis exigi solet, ministerium est : ubi plus quam quod seruo necesse est, beneficium. Ubi in affectum amici transit, desinit uocari ministerium.

Traduzione

Sbaglia se qualcuno pensa che la servitù appartenga interamente all’uomo. La parte migliore di lui, fu esclusa: i corpi sono sottomessi e attribuiti ai padroni, la mente è certamente controllata da lui che talmente è libera e vaga, che non è certamente capace di essere tenuta da quello nel carcere in cui è rinchiusa, (anima) che non non si adoperi con sua veemenza e che operi cose grandi e che esca alle infinite stelle nei cieli.

Perciò è il corpo ciò che la fortuna affidò al signore, può venderlo, può comprarlo, quella parte interiore non può essere data con la proprietà dello schiavo. Qualunque cosa venga da questa è libera, e non infatti noi possiamo comandare tutto, ne i servi sono costretti a obbedire a tutto. Non faranno mai cose ordinate contro la repubblica, non daranno mai una mano a nessun crimine.

Vi sono alcune cose, che le leggi ne comandano ne vietano di fare; in queste il servo ha la possibilità del beneficio. Finchè è garantito ciò che si suole esigere dal servo, è dovere, dove è più, di quello che è necessario al servo, è una concessione, dove si arriva all’affetto dell’amico, finisce di chiamarsi dovere.

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