Il mito di Orfeo

Testo

Orpheus, quem filium Apollinis poetae narrabant, cantor sic peritus exstitit ut saxa ipsa et feras moveret, quae ad eum concurrebant et eum sequebantur ut iucundissimum cantum audirent. Uxorem duxerat Eurydicem, quam vehementissime adamabat, quae tamen paene adulescentula mortua est, cum ab angue veneno compuncta esset dum in prato flores colligit. Cuius mortem sic doluit Orpheus ut ad Inferos descenderit et suavissimo cantu ferum Plutonem mansuefecerit. Quare ab eo impetravit ut sineret Eurydicem ad lucem redire, si ipse in reditu eam non respexisset. Iuravit Orpheus, sed sacramentum non servavit. Cuius rei cito eum paenituit. Nam misera Eurydices iterum a Plutone rapta est et in Orci tenebras reducta.

Traduzione

Orfeo, che i poeti dicevano figlio di Apollo, si rivelò cantore così bravo da intenerire gli stessi sassi e le belve, che accorrevano da lui e lo seguivano per ascoltare il gradevolissimo canto. Aveva sposato Euridice, che egli amava ardentemente, la quale purtroppo morì quasi adolescente, perché  morsa da un serpente con il veleno, mentre raccoglieva fiori in un prato. Tanto si addolorò della sua morte Orfeo che discese agli Inferi ed ammansì il crudele Plutone con il suo soavissimo canto. Per cui lo implorò di permettere ad Euridice di ritornare alla luce, se egli stesso non si fosse voltato a guardarla nel ritorno. Orfeo giurò, ma non mantenne il giuramento. Della qual cosa presto si pentì. Infatti la povera Euridice fu rapita nuovamente da Plutone e ricondotta nelle tenebre dell’Orco.