Un carceriere e boia che vuole la mancia

Includuntur in carcerem condemnati. Parentes quoque prohibentur adire ad filios, prohibentur liberis suis cibum vestitumque ferre. Patres hi, quos videtis, iacebant in limine, matresque miserae pernoctabant ad ostium carceris ab extremo conspectu liberorum exclusae. Aderat ianitor carceris, carnifex praetoris, mors terrorque sociorum et civium, lictor Sextius, cui ex omni gemitu doloreque certa merces comparabatur. Sextium enim non pudebat a parentibus pecuniam his verbis petere: «Ut adeas (aver accesso) tantum dabis! Ut cibum tibi intro ferre liceat, tantum!». Nemo recusabat. «Quid dabis ut uno ictu securis adferam mortem filio tuo? Quid, ne diu crucietur, ne saepius (con troppi colpi) feriatur, ne cum sensu doloris aliquo spiritus (vita) auferatur?». Etiam ob hanc causam pecunia dabatur lictori, quem non miserebat illorum eorumque parentum. (Cicerone)

Traduzione

I condannati vengono rinchiusi in carcere. Ai genitori viene proibito anche di visitare i figli, e di portare ai figli cibo e vestiario. Quei padri che vedete, giacevano fuori e le misere madri pernottavano alla porta del carcere escluse dall’ultimo incontro con i figli. Era presente un carceriere, il carnefice del pretore, morte e terrore degli alleati e dei cittadini romani, il littore Sestio, al quale da ogni gemito e dolore derivava una paga sicura. Infatti Sestio non si vergognava a chiedere danaro ai genitori con queste parole: «Per entrare mi pagherai tanto; perché ti sia permesso di portar dentro del cibo, tanto». Nessuno protestava. «Che cosa mi darai perché io dia la morte a tuo figlio con un solo colpo di scure? E cosa affinché sia torturato a lungo, non sia percosso con troppi colpi, perché non gli sia portata via la vita con un qualche senso di dolore?» Anche per questo veniva dato danaro al littore, che non aveva pietà di loro e dei loro genitori.