Un popolo di contadini

TESTO

Quae vita beatior esse potest quam eorum, qui agrorum culturae dant operam? Apud veteres Romanos summi viri, qui rei publicae praefuturi erant quasi ad gubernaculum navis sedentes, in agris multum operae temporisque consumpserunt. In agris plerumque aetatem agebant senatores et rure in senatum arcessebantur, cum aliquid grave (di importante) statuendum erat.

Marcum Atilium Regulum sua manu spargentem semina invenerunt legati, qui ad eum a senatu missi erant ut imperium contra Poenos susciperet. Sed illae manus, rustico opere et labore attritae, rem publicam stabiliverunt (resero sicura) et ingentes copias hostium pessum dederunt. Eaedem manus, quae paulo antea arantium boum iugum rexerant, in triumpho curruum habenas regebant nec quemquam veterum ducum puduit, eburneo scipione deposito, agrestem stivam aratri repetere.

TRADUZIONE

Quale vita può essere più beata di quella di coloro che lavorano alla coltivazione dei campi? Presso gli antichi Romani i più grandi uomini, che erano destinati ad essere a capo dello Stato quasi guidando il timone di una nave, impiegarono molto lavoro e tempo nei campi. Generalmente i senatori trascorrevano la vita nei campi e dal campo erano chiamati in senato, quando si doveva decidere qualcosa di importante.

I messi che erano stati mandati a lui dal senato perché prendesse il comando contro i Cartaginesi, trovarono Marco Attilio Regolo che spargeva con le proprie mani i semi. Ma quelle mani, consumate dal lavoro e dalla fatica contadina, resero sicuro lo Stato e mandarono in rovina numerose truppe di nemici. Le stesse mani, che poco prima avevano guidato il giogo dei buoi che aravano, reggevano le redini del carro nel trionfo e neppure uno degli antichi comandanti si vergognò, deposto lo scettro d’avorio, di riprendere il rustico manico dell’aratro.