Il leone e il topo

TESTO

Interdum etiam humiles et imbecilli viribus prodesse possunt fortibus et potentibus. Mus, qui forte in specum intraverat, ubi leo ingenti corpore inerat et placide dormiebat, eum e somno imprudens excitavit. Cum leo iratus surrexisset, parvulam feram acribus dentibus arripuit et eam laniare volebat (voleva), sed mus multis lacrimis et gemitibus ita leonem precabatur: «Parce, leo, errori et infelicitati meae: tibi invite obfui et quietem tuam turbavi. Si irae tuae superfuero, aliquo beneficio tibi prodero et gratum animum perpetuo praebebo».

His verbis leo subrisit, nesciens (non sapendo) quibus beneficiis tam parvula bestiola potenti leoni prodesse posset. Tamen murem dimisit. Paulo post venatores plaga ceperunt leonem, qui nullo modo suis viribus se expedire poterat. Tunc mus, qui forte aderat, appropinquavit et plagam patienter dentibus laceravit. Sic leo a captivitate liberatus est.

TRADUZIONE

A volte anche gli umili e con poche forze possono essere utili ai forti e potenti. Un topo, che era per caso entrato in una caverna, dove c’era un leone di grande corporatura che dormiva placidamente, con imprudenza lo svegliò dal sonno. Poiché il leone si era alzato arrabbiato, afferrò la piccola bestia con i denti aguzzi e la voleva dilaniare, ma il topo con molti gemiti e lacrime così pregava il leone: “Perdona, o leone, gli errori e la mia infelicità: ti ho infastidito senza volere ed ho turbato la tua quiete. Se sopravviverò alla tua ira, ti sarò utile con qualche favore e ti darò prova per sempre di un animo grato”.

A queste parole il leone sorrise, non sapendo con quali favori una bestiole tanto piccola potesse essere utile ad un potente leone. Ciononostante lasciò andare il topo. Poco tempo dopo i cacciatori catturarono con una rete il leone che non riusciva a liberarsi con le sue forze. Allora il topo, che per caso era presente, si avvicinò e con pazienza lacerò la rete con i denti. Così il leone fu libero dalla prigionia.