Preparativi per il funerale di Cesare

Funere indicto, rogus exstructus est in Martio Campo iuxta Iuliae tumulum et pro Rostris aurata aedes apud simulacrum Veneris Genitricis collocata est, intraque lectus (catafalco) eburneus, auro et purpura stratus, et ad caput tropaeum cum veste in qua fuerat occisus. Praeferentibus munera, quia suffecturus unus dies non videbatur (sembrava), praeceptum est ut, omisso ordine, quibus quisque vellet itineribus, portaret in Campum. Inter ludos cantata sunt quaedam ad miserationem et invidiam (deprecazione) caedis eius, accomodata ex tragoedia “Armorum iudicio” Pacuvii, quibus dicebatur: «Mene servasse ut essent qui me perderent? (Io li ho risparmiati, perché ci fossero quelli che mi avrebbero ucciso?)». Laudationis loco consul Antonius per praeconem pronuntiavit senatus consultum, quo ei divinos honores decreverat, quibus perpauca sua verba addidit Antonius. da Svetonio

TRADUZIONE

Annunciato il funerale, fu allestito il rogo in Campo Marzio vicino alla tomba di Giulia e venne collocata una costruzione ornata di oro davanti ai Rostri presso la statua di Venere genitrice e all’interno un catafalco di avorio, ricoperto di oro e porpora e nella testata un trofeo con la veste nella quale era stato ucciso. A coloro che portavano doni, poiché sembrava che non sarebbe bastato un solo giorno, fu ordinato che, rinunciando all’ordine, chiunque volesse e per qualunque strada, portasse in Campo. Durante le cerimonie furono cantate alcune cose a commiserazione e deprecazione della sua uccisione, adattate dalla tragedia “Del giudizio delle armi” di Pacuvio, nelle quali si diceva: “Li ho risparmiati perché fossero coloro che mi avrebbero ucciso?”. Al momento (oppure: al posto) dell’elogio funebre il console Antonio tramite l’araldo proclamò la decisione del senato con la quale gli decretava onori divini, cui Antonio aggiunse pochissime parole sue.