I Galli neutrali tra Roma e Cartagine

Romanorum legati, ut (come) Romae iussi erant, in Galliam transierant ut gentes finitimas ad bellum contra Poenos concitarent. Gallis nova terribilisque res visa est (parve) quod (il fatto che) Romanorum legati, contra ius gentium, armati in concilium venirent. Cum legati, extollentes verbis gloriam virtutemque populi Romani, petiissent ne Hannibali bellum Italiae inferenti per agros urbesque suas transitum darent, tantum cum fremitu risum ortum esse dicunt ut vix a maioribus natu iuventus sedaretur: nam stolida impudensque postulatio visa est (parve). Sedato tamen fremitu, ita legatis responsum est: «Neque Romanorum meritum in (verso di) nos neque Carthaginiensium iniuria est. Ergo nec pro Romanis aut adversus Poenos umquam arma sumemus». Ita, frustra peragratis Galliae populis, legati Romam redierunt.  da Livio

TRADUZIONE

Gli ambasciatori romani, come avevano avuto ordine a Roma passarono in Gallia per spingere i popoli confinanti alla guerra contro i Cartaginesi. Ai Galli parve cosa nuova e terribile il fatto che gli ambasciatori romani, contro il diritto delle genti, arrivassero armati nell’assemblea. Quando gli ambasciatori, esaltando con le parole la gloria ed il valore del popolo romano, chiesero che non consentissero il transito per i campi e le città ad Annibale che portava la guerra all’Italia, si dice che sia nato così tanto riso con chiasso che la gioventù a stento venne calmata dagli anziani: infatti parve una richiesta stolta ed impudente. Calmato tuttavia il chiasso, si rispose così  agli ambasciatori: “Verso di noi non c’è alcun merito dei Romani e nessun torto dei Cartaginesi. Quindi non prenderemo mai le armi né a favore dei Romani  né contro i Cartaginesi”. Così, avendo visitato inutilmente i popoli della Gallia, gli ambasciatori tornarono a Roma.