Le accuse contro Socrate  (pag. 364)

Inter omnes constat Socratem, qui sapientissimus hominum ab Apolline Delphico iudicatus erat, a Meleto et aliis civibus accusatum esse impietatis et neglegentiae patriae religionis. Addebant accusatores eum adulescentes corrupisse et peregrinos deos, quos ille daemones appellabat, colere solitum esse. Crimina (accuse) falsa et mendacia erant (nam semper ille, legum civitatis suae studiosissimus, deos patrios invocabat et saepe domi et in publicis fanis sacrificia faciebat). Dicebat autem se in animo saepe vocem daemonis audire, simillimam vocis humanae, quae sibi quid faciendum, quid vitandum esset, diceret. Nihil voluptatis vel libidinis gratia agebat, saepe homines nequitiae accusabat ut eos ad virtutem revocaret. Saepe etiam improbos reprehendebat et obiurgabat, non vituperandi sed corrigendi causa, nec quicquam nefarii vel mendacis in se admittebat. Cum tantae probitatis homo esset, in ius tamen ab adversariis vocatus est et capitis, iniquissimo iudicio, damnatus est.

TRADUZIONE

È noto a tutti che Socrate, che era ritenuto da Apollo Delfico il più sapiente degli uomini, sia stato accusato da Meleto ed altri concittadini di empietà e trascuratezza del culto degli avi. Gli accusatori aggiungevano che corrompesse gli adolescenti e fosse solito venerare dei stranieri, che egli chiamava demoni. Erano accuse false e menzognere (infatti egli attentissimo alle leggi della sua città, invocava gli dei degli antenati e faceva spesso sacrifici in casa e nei santuari pubblici). Diceva poi che nel suo intimo sentiva spesso la voce di un demone, molto simile alla voce umana, che gli diceva cosa era da farsi e cosa da evitare. Non faceva nulla per piacere o libidine, spesso accusava gli uomini di dissolutezza per richiamarli alla virtù. Spesso inoltre riprendeva e sgridava i disonesti non per criticarli ma per correggerli, né tollerava in se alcunché di scellerato o bugiardo. Pur essendo uomo di tanta onestà, fu chiamato comunque in giudizio dagli avversari e condannato a morte con un verdetto molto ingiusto.